Storie di ogni giorno

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Perché si scrive? O meglio, perché si sente l’esigenza di condividere con altre persone i propri pensieri? Nella domanda forse c’è la risposta. Vedere un bel film o leggere qualcosa che ci tocca,  vivere delle angosce o delle paure, delle emozioni e non poterle confrontare penso sia una cosa sterile. A mio parere è vivere a metà. Ho notato che gli uomini hanno bisogno di raccontarsi un po’ per costruirsi una propria biografia, una continuità. In quanto esseri umani che devono fare i conti con il tempo, dando voce alla propria storia è come se prolungassero la vita attraverso il racconto.

Ero piccola quando ancora si usava nei nostri paesi vivere “fuori casa”. Ci si sedeva nelle sere d’estate davanti alle proprie abitazioni, i ragazzi giocavano, gli adulti raccontavano. Né la televisione né tanto meno i social avevano la preminenza nella vita di ognuno che hanno oggi. Ed allora ecco che il racconto, il ricordare, il riflettere, il pensare ad alta voce assumeva il significato di cultura; nel senso di formazione intellettuale e morale, e della consapevolezza del ruolo che avremmo avuto nella società.  Le piccole storie narrate dalle anziane, erano la lettura, le note in fondo alla pagina della Grande Storia, scritta magari da chi la guerra l’aveva vista solo da una scrivania. Raccontavano di un’esistenza che per me significava stupore, sbalordimento, ammirazione. Un mio parente, all’epoca quasi centenario, descriveva le rive del Piave dove lui ventenne visse la prima guerra mondiale. La fame, il freddo, i compagni morti, la sua era una narrazione che non coincideva con la canzone del Piave, in cui il fiume mormorava calmo e placido al passaggio…

Io bimbetta, assetata di racconti, che poi elaboravo con la mia fantasia, facevo domande su domande alle anziane. Chiedevo della loro vita, dei fidanzati (e qui venivano fuori racconti tragicomici), della moda (qui ridevano come matte), chiedevo per conoscere gli aspetti di un’esistenza per me sconosciuta e atipica. 

Insomma, avevo i miei film e le mie telenovelas. Questa curiosità per il vissuto degli esseri umani ha accompagnato tutta la mia vita. Un vecchio professore mi diceva: “Puoi conoscere il mondo solo se vai e vivi nei vari luoghi, oppure attraverso i racconti di quelli che lì hanno vissuto”. Sono dell’opinione che dovremmo vivere cento vite per imparare come si fa, e dato che ne posso vivere una sola, attraverso le altre novantanove posso forse capirla di più. Ci tengo a dire che non sono una letterata e che non ho ambizioni in merito. Sono semplicemente la signora della porta accanto, sempre aperta alla comprensione e a colloquiare, e soprattutto a sorridere di sé stessa e del mondo che la circonda.

Ogni riferimento a persone o fatti realmente accaduti NON è puramente casuale, tranne naturalmente il delitto.

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