Silvia Alessandrini Calisti, autrice di “Sani e liberi – la maternità marchigiana nella tradizione marchigiana (XVII-XX secolo)” e coautrice dell’apprezzatissima guida “Le Marche con i bambini”, editi da Giaconi Editore, il tuo ultimo sforzo si chiama “Marche Stregate – Viaggio nella stregoneria popolare marchigiana”: parlaci di quest’ultimo, di cosa tratta?
“Marche Stregate” è uno studio sulla stregoneria popolare marchigiana che ripercorre storie, suggestioni, leggende, superstizioni che hanno caratterizzato il territorio locale dalle epoche più remote fin quasi ai nostri giorni.
Sono partita dal contestualizzare storicamente il fenomeno, in Italia e in Europa, per poi stringere l’indagine alle Marche. Dai processi per stregoneria, fatture e malefici restituiti dagli archivi locali, alle credenze più diffuse, ripercorrendo luoghi stregati e ricordando aneddoti, paure e stratagemmi utilizzati da sempre per difendersi dagli attacchi delle fattucchiere. Il lavoro si concentra sulla figura della donna accusata di essere strega, cercando di svelare chi si nascondesse dietro il pregiudizio che la identificava come tale e che in realtà fu spesso un capro espiatorio per sfogare timori, sensi di colpa, sofferenze e scontento collettivi, partendo dall’assunto che il sesso femminile, debole per tradizione biblica e considerato inferiore a quello maschile anche in molte altre culture, fosse quello maggiormente predisposto al male.
Il saggio è arricchito poi da un’appendice costituita da fonti orali, raccolte grazie a diverse interviste che ho realizzato dal 2017 al 2020.
Hai fondato il portale mammemarchigiane.it e ti occupi spesso di tematiche legate ai bambini, anche attraverso i tuoi libri: cosa c’entrano le streghe con la maternità?
C’entrano molto. La strega, per molti versi, rappresenta l’antitesi della maternità, o meglio, rappresenta la maternità rifiutata, negata, rovesciata.
I bambini, in particolare i neonati, erano le vittime predilette delle streghe, che li rapivano, li mordevano, li usavano per creare i loro unguenti o i loro incantesimi. La strega è infatti contraria per principio alla vita che si rinnova. La strega è sterile per definizione (anche se molte donne accusate di essere streghe avevano figli e nipoti) e il suo scopo è distruggere: che siano i raccolti o le vite di persone e animali.
Alle streghe si attribuivano spesso le morti infantili, che in passato erano molto frequenti e a cui spesso non si sapeva dare una spiegazione.
La strega poi, come la madre, è solo donna: sono due condizioni che ci appartengono in modo ancestrale. Nonostante esistano stregoni uomini, questi hanno sempre avuto funzioni e considerazione molto diverse dalle donne credute streghe.
Esiste anche una teoria, secondo la quale il concetto di strega a volte rappresenterebbe psicologicamente la stessa madre, nel momento difficile del suo primo approcciarsi col neonato, quando, oltre ai sentimenti di amore e affetto, talvolta la donna può vivere una scissione interiore, dovendo rinunciare ad una parte di sé in favore della nuova vita che ha messo al mondo. Questo passaggio, questa presa di coscienza del proprio nuovo ruolo materno può essere vissuto con difficoltà, ma esternare questi sentimenti significherebbe ammettere qualcosa di troppo sconveniente e sconvolgente, anche per se stesse. Allora la strega diventa l’alter ego negativo materno, che gradualmente cede il posto alla madre consapevole di sé.
Sappiamo che “Marche Stregate” ha impiegato 4 anni a venire alla luce, il che la dice lunga sulla serietà del tuo studio sulle tradizioni popolare marchigiane: cosa muove la tua ricerca?
Sarò banale, ma fondamentalmente è la passione a spingermi. Ho iniziato a fare ricerca appena laureata, in ambito accademico, e ho proseguito per alcuni anni con grande interesse. È stato un periodo intenso e molto coinvolgente, a cui mi sono dedicata con abnegazione, ma purtroppo, per diversi motivi, non mi è stato possibile continuare l’attività di ricerca come mestiere. La vita ha preso strade diverse, ma non ho voluto abbandonare del tutto quello che mi piaceva di più fare, così ho proseguito in autonomia. Ho iniziato, quando collaboravo con l’Università, occupandomi di storia delle biblioteche (sono laureata sia in Lettere Moderne ad indirizzo archivistico librario, sia in Archivistica e Biblioteconomia), ma ho sempre nutrito un forte interesse per la microstoria, le tradizioni popolari, il folklore locale, a cui mi sono dedicata in seguito, aggiungendo poi anche l’attenzione alla condizione femminile. Fortunatamente ho incontrato persone che hanno trovato interessante quello che stavo facendo, spronandomi a continuare, e un editore che ha creduto in me.
Poi, ovviamente, tra lavoro, famiglia e altri impegni, il tempo a disposizione per studiare non è moltissimo, per cui, volendo fare le cose nel miglior modo possibile, con rigore e attenzione, i tempi diventano necessariamente lunghi.
Perché consigliare “Marche Stregate”?
Perché racconta una storia affascinante e inquietante che ci riguarda tutti da vicino. Perché ognuno di noi ci può ritrovare i racconti ascoltati dai propri genitori e dai propri nonni. Narrazioni che, rilette oggi, ci fanno capire molto anche del presente. Ogni territorio è poi costellato di tracce delle vicende di chi ci ha preceduto. Un luogo abbandonato, un albero ormai secco da anni, dei vecchi ruderi o delle carte ingiallite possono sembrare inutili, ma la maggior parte delle volte celano vicende antichissime e intriganti.
E poi, per usare le parole di Joyce Lussu, studiosa a cui sono molto legata, “conoscere il passato del proprio paese, delle proprie famiglie e dunque di se stessi dovrebbe costituire la base della propria cultura, per essere consapevoli dei condizionamenti trovati alla nascita, acquisendo gli strumenti per trasformarli e non subirli”.
Qui il link al sito mammemarchigiane.it, che Silvia ha fondato, e di seguito il link a osservatoriodigenere.com:
https://mammemarchigiane.it
https://www.osservatoriodigenere.com